
Tacchino Danilo, "Storie di modesta follia (racconti fatali)"
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Ho osato definire "modesta", quella follia riscontrabile nelle normali azioni quotidiane, eclatanti solo nella loro conclusione più spietata e triste, che ogni persona potrebbe compiere se viene meno tutta la cosiddetta razionalità cosciente e i freni inibitori che portano a ritenere la vita più importante di ogni gesto apparentemente scellerato e privo di senso, analizzato nella sua realtà materiale con logica prettamente deduttiva. Non sapremo mai, perché nella mente umana non si può sondare, in special modo dopo un evento drammatico che porta all’annientamento della propria esistenza, le vere ragioni di un gesto apparentemente assurdo, che rimarranno per sempre sepolte nella mente di chi non può più né raccontare, né vivere.
I racconti "fatali" quindi, così come ho provato a definirli, sono racconti che cercano di dimostrare come ogni avvenimento della vita, nella sua cruda realtà, è elemento stesso, "normale", del nostro sistema di vissuto. Solo le sensazioni, i sentimenti di ogni individuo possono rendere angoscioso, oppure accettabile o "normale" se non banale, perché frutto ineluttabile della vita che trascorre, ogni cosa che capita. Dipende dalle esperienze di ognuno di noi, che ci portiamo dietro la maggioranza delle volte, senza che nessuno ne possa fruire o ne possa essere informato. Se poi questo è avvenuto, non rimane traccia di esse nell’esperienza collettiva degli esseri umani, neppure attraverso il loro intrinseco insegnamento di vita.