
Papili Patrizia, Zapitria e i sogni
Prodotto nr.: | AD170 |
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Se un computer (o anche soltanto un aggiornato scoliaste) volesse analizzare il lessico di Patrizia Papili Marchionni, se ne trarrebbe la notizia di un drammatico pessimismo di fondo che tanto più colpisce, a parte la sua radicalità, data la giovane età dell'autrice. Parole tematiche sono: disordine, sabbie e deserti, derive, furie, dissesti, ambiguità, spegnimenti, torture e sangue. Al punto che le isole dei dubbio, della possibile sopportazione o della rassegnazione appaiono gli unici spazi positivi, le uniche aree sgombre da un incombente sense di squamamento e degradazione. “Come bachi a ritroso / cancellare il cerchio che si percorre”. E poi: “Ai piedi di un albero / ho atteso lo sparo.
Ma questo mondo è “gillacrimato”, secondo un aggettivo che Fascolo ha annesso per sempre all'ambito della grande poesia e De Sanctis nell'ambito della grande critica quando dice: “Questa illacrimata sepoltura è piena di lacrime”. Patrizia non piange, pare, sul proprio destino e nemmeno recrimina. Si limita a constatare, senza sentimentalismi, con toni secchi da referto e una metrica essenziale, per lo più breve, che ha il talento delle chiuse. Il mondo della biologia e della fisica le prestano immagini e metafore memorabili. Il grande scoglio di prova di ogni poesia si erge di fronte al tema, della maternità, ad esempio. E qui i misteri, che vorrebbero essere gaudiosi, della fecondazione e dello sboccio del seme trovano versi che aprono il tema verso zone pressoché inedite.