
Nicolosi Vita Maria, Sguardo o visione? La scuola e il cinema per una fruizione consapevole
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La spontaneità con cui gli adolescenti si accostano alle forme di comunicazione e alle fonti di informazione audiovisive e multimediali crea nuove esigenze e nuove attese nei confronti della pratica didattica.
Da più parti viene segnalato il condizionamento culturale che esse possono veicolare, grazie all’uso di linguaggi accattivanti e spettacolari, soprattutto in coloro che tendono a subirlo in modo acritico e passivo.
La scuola, si sa, ha il compito di formare e non solo di informare, di stimolare la metacognizione, avvalendosi anche dei complessi sussidi a disposizione in modo interattivo, coinvolgente e, soprattutto, sfruttandoli in maniera critica e consapevole, educando alla creatività ed al pensiero divergente. Se è vero che i ragazzi evidenziano un’istintiva dimestichezza con i nuovi mezzi e i nuovi linguaggi, è altrettanto autentica la necessità della mediazione del docente sia nella loro decodifica, sia nell’individuazione e nell’approfondimento dei contenuti espliciti ed impliciti, sia, infine, nella valorizzazione dell’esperienza collettiva e dell’apporto dei pari.
È ormai convinzione diffusa che la comunicazione ipermediale consente agli allievi di impadronirsi di un linguaggio nuovo evidenziando attitudini latenti e capacità nascoste, facilitando la partecipazione attiva dell’intero gruppo, stimolando e coinvolgendo tutti i componenti pur se a diversi livelli di "prestazione". Da tempo, ormai, le possibilità offerte dai nuovi sussidi tecnologici stanno modificando l’impostazione di tipo trasmissivo della didattica tradizionale.
Chi guarda a questi fenomeni con apprensione, spesso preconizza la decadenza della parola a vantaggio dell’immagine sempre più pervasiva e sottolinea l’impoverimento del modo di esprimersi comune ridotto a sterili formule standard o gergali specialmente da parte dei giovani. È necessario, rendere ben chiare le specificità e le diverse funzionalità dei vari linguaggi a disposizione sì da poterli utilizzare in modo proficuo ed appropriato:
- il linguaggio verbale, analitico e caratterizzato da un alto livello di astrazione, è il più adatto a rappresentare concetti generali e ipotetici
- il linguaggio grafico, sintetico e immediato è funzionale alla rappresentazione degli oggetti e delle loro relazioni
- il linguaggio filmico, in quanto cinetico e "multimediale", è sicuramente il più presente nell’esperienza pressoché quotidiana dei nostri alunni. È un linguaggio complesso perché in esso entrano in gioco e si sovrappongono componenti diverse, appartenenti spesso ad altre forme di espressione.
Il cinema usa, contamina e filtra, contemporaneamente, l’immediatezza delle immagini, la forza espressiva di alcuni tipi di inquadratura, la carica emotiva dei colori o del bianco e nero, la capacità evocativa del suono, l’uso delle parole, la creazione di situazioni fantastiche o realistiche, la rielaborazione del tempo e dello spazio.
La sua prerogativa di sintetizzare stili, figure retoriche, scenari, può, se opportunamente utilizzata, stimolare la multisensorialità, promuovere il pensiero pluriprospettico, intuitivo, analogico e favorire la flessibilità cognitiva.
Come tutti i fenomeni di larga diffusione, viene, di volta in volta, definito ed etichettato nei modi più disparati e più o meno pertinenti: arte, spettacolo, evasione, divertimento, rappresentazione illusoria della realtà, portatore più o meno intenzionale o dichiarato di modelli di comportamento e di costume, specchio della società, denuncia di ingiustizie e di contraddizioni, mezzo di propaganda, arma di consenso, mezzo di assuefazione acritica a forme di violenza e di sopraffazione, esemplificazione di visioni del mondo, di mentalità, di ideologie, esternazione del bisogno di avventure, di sogni, di mistero...