Ceraolo Filippo Antonino, Vecchia Marina pignatara

Ceraolo Filippo Antonino, Vecchia Marina pignatara

Prodotto nr.: AD628
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Aggiungerei anche che, sottintesa, c’è quasi una specie di promessa fatta a mio padre, che fu ,‘U capu cucitzt’i furna" (il capo cuocitore di forni).

 

Questo lavoro vuole avere lo scopo, mi si perdoni la presunzione, di essere un documento storico. Per quanto ne sappia, infatti, in qualche altro lavoro c’è, talvolta un accenno a Marina, considerata come luogo e capitale dove si trovavano fabbriche che lavorano l’argilla, ma in nessuno di essi c’è la descrizione di come essa veniva lavorata.

Per questo motivo, dicevo sopra, il lavoro potrebbe diventare documento per quelli che si interessano di tradizioni e cose del genere.

Infatti esso presenta il viaggio-metamorfosi che compiva la zolla di creta da quando dopo esser passata attraverso le varie fasi di lavorazione svolte dalle diverse figure dei protagonisti, già prodotto finito sotto varie forme, lasciava nuovamente Marina, sempre a bordo del carretto, e veniva portata alla stazione ferroviaria per essere spedita via terra, o sulla spiaggia per essere spedita via mare.

Cosi il primo personaggio che si incontra è "u carritteri" (il carrettiere), che, come si vedrà, espletava diversi lavori. Poi, in ordine di lavorazione, seguivano "u sciucaturi i crita" (l’asciugatore di creta), "u mpastaturi" (l’impastatore), "u pignataru" (il pentolaio), quello che io considero un’artista in quanto, con le mani, trasformava "i pani i crita" (i pani di creta) in pentole, tegami e coperchi di varie grandezze, in vasi, in anfore (quelle con la bocca larga) e "bummula" (quelle con la bocca piccola), in "bairni" (bacinelle) ed in altri oggetti ancora. Vengono poi la figura "du sfurnaturi" (dello sfornatore) ed infine a quella "du cuciitur’i furna" (del cuocitore di forni).

Nelle mie intenzioni, il lavoro vuole anche essere un ‘inno’ per onorare questa vecchia Marina e tutti i suoi figli di allora.

 

Un valido collaboratore, al quale va il mio caldo ringraziamento, l’ho avuto in Santino Lembo, un giovane che ha lavorato presso la "CERAMICHE CALECA", la stessa fabbrica presso la quale, per quasi quaranta anni, ha lavorato mio padre.

Dietro le mie indicazioni, le mie descrizioni ed i miei schizzi, nelle sue illustrazioni è riuscito a ricreare e ricostruire quell’ambiente e quel modo di lavorare la creta durante il periodo cui si riferiscono le varie composizioni.

Spero di essere riuscito nell’intento e di non aver fatto cosa vana.

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